Trentatré anni tra pochi giorni e una vita passata al Real Statte. Ma non solo. Perché Susanna Nicoletti è molto di più. Capitano della Nazionale femminile, una delle giocatrici che ha vinto di più a livello prima regionale e poi nazionale con il suo Statte. Passione, dedizione e sacrificio per uno sport che ha visto crescere sotto i suoi occhi, cambiare, trasformarsi e diventare, oggi, una splendida realtà nazionale.
Susi Nicoletti una vita nel Real Statte, esattamente quattordici anni. Che effetto fa guardarsi indietro?
“Ho vissuto tutto il passaggio che c’è stato nel futsal, dal regionale al nazionale. A Statte mi sentivo a casa, in famiglia e in questi anni abbiamo vinto davvero tanto. Sono cresciuta molto, mi sono affacciata al futsal proprio grazie al Real Statte e ho avuto la fortuna di lavorare con tante giocatrici di livello, sia a livello italiano che di altri Paesi. Dopo tanti anni è difficile però trovare stimoli sempre diversi per questo ho deciso di cambiare. Ma il ricordo di questi anni, quello di certo rimarrà indelebile per sempre dentro di me…”.
Un rimpianto calcistico?
Indubbiamente la finale scudetto persa contro la Pro Reggina. Quella ancora non mi scende….
Anche se non risponderai…. Posso provare a chiederti dove andrai?
“Nella mia carriera manca un’esperienza fuori e ho avuto due/tre proposte interessanti che sto valutando. Per ora però è ancora tutto in alto mare perché ho una situazione lavorativa particolare e per questo sto cercando di capire cosa fare. Ho ancora voglia di vincere e mi piacerebbe andare in una squadra con ambizioni. Ma nel caso non riuscissi a trovare una soluzione per il lavoro rimarrei a Bisceglie dove si stanno organizzando per metter su una squadra attrezzata e all’altezza”.
Quattordici anni tra Bisceglie e Statte, giusto?
“Si, esattamente ben 250 km in totale. Questo per 4/5 volte a settimana, più o meno…”.
Quindi fammi capire…. Quanti cd hai in macchina?
“MP3 lunghissimi….ho passato degli anni un po’ stressanti con sveglia presto, lavoro, macchina ad andare 130 km, macchina a tornare altri 130 km, fino a casa. Anche per questo ho deciso di cambiare perché questo ritmo mi comportava stanchezza fisica ma soprattutto mentale”.
Quanto ti piacerebbe giocare ancora?
“Non mi sono data un tempo perché penso che se uno ha voglia di vincere e sacrificarsi deve continuare a farlo. Prendi me… ho lo stesso entusiasmo di quando ho iniziato a giocare. Fino a quando sentirò dentro queste emozioni e il fisico reggerà, continuerò. Se oggi riuscissi a trovare una situazione buona per tutti questi fattori continuerò ancora per un bel po’. L’importante, in ogni caso, sarebbe finire bene, non come quei giocatori che finiscono la carriera rilegati in panchina, ecco”.
La giornata tipo di Susi?
“Mi piace allenarmi, correre per me stessa e per mantenermi in forma. Il mio problema è solo trovare il tempo per farlo. Io mi svegliavo alle 5.30 poi andavo a correre, lavoravo e poi allenamenti a Statte. La mia giornata ideale forse dovrebbe essere di 30 ore”.
Vorresti allenare un giorno?
Non so se sono portata per allenare perché farei giocare chiunque. Non riuscirei a dire “no, tu non entri..”, forse sono troppo buona! Di certo mi piacerebbe restare nell’ambito del futsal. Qualcosa mi inventerò…”.
Capitolo Nazionale: che cosa ha significato per te essere il primo capitano azzurro?
E’ stata un’emozione che non si può descrivere perché al di la di tutto è stata la mia prima volta da capitano in assoluto: già perché nel Real Statte c’era mina D’Ippolito e io ho ricevuto la fascia solo in questa stagione. Anche nell’ esordio come capitano, non potevo neanche chiedere a nessuno come comportarmi ma… per fortuna è andata bene! Emozioni indimenticabili, una responsabilità ma allo stesso tempo sensazioni che non dimenticherò mai, impossibili da spiegare. Sono passata dal vedere 5 persone sugli spalti a 5000 tutte insieme. Un sogno diventato realtà”.
Cosa diresti alle ragazze dell’under 17 che stanno vivendo questa avventura?
“Loro non conosco tutta la storia che c’è stata per arrivare a questa Nazionale ma direi loro quello che è stato insegnato in questi anni a me: lavorare ed essere umili. Poi gli direi di imparare a dare il giusto peso alla maglia che indossano, che sia del club o della nazionale. Infine, di rimanere sempre con i piedi per terra. Conosco Girardi ed è una ragazza molto umile e tranquilla. Quando vesti la maglia Azzurra devi dimostrare di meritarla, non basta fare una stagione perfetta o 3 gol tutti insieme. Per una volta ci possono arrivare tutti a indossarla, ma la cosa difficile è mantenerla. Come? Umiltà e sacrificio”.
A chi ti ispiri tra le straniere e a chi tra le italiane?
“Ho sempre avuto ammirazione per Amparo, da quando l’ho vista in Italia. Mi piacerebbe avere la metà delle sue doti. Tra le italiane ci sono tante ragazze brave, D’Incecco, Bruna. Ma resto innamorata del gruppo storico del Real Statte a livello caratteriale. D’Ippolito, Convertino, Buonfrate, una famiglia dal carattere immenso”.
Serena Cerracchio