Sono diverse le interviste in quarantena. Si dilatano nel tempo e volano, contestualmente, su un filo invisibile che lega due vite e due smartphone. Che poi erano già la stessa cosa prima del Covid-19, figuriamoci oggi (da dove stai leggendo?). E quindi si parla, si parla, si parla tanto. Mentre tra una settimana e l’altra di campionato le telefonate sfuggivano in 5 minuti sull’onda della frenesia – e a volte di un po’ troppa banalità, diciamocelo -. Sarà per “deformazione professionale”, come dice lei. Sarà perché l’Avvocato Tea Scilingo non vedeva l’ora di rituffarsi a piè pari nel mondo Real Praeneste. Anche tramite uno smartphone. Fatto sta che quella che ne è venuta fuori è stata una lunga e piacevole intervista, altro che toccata e fuga.

La stagione è ferma ma per Tea Scilingo non è mai iniziata. Colpa di un infortunio bastardo e pure del coronavirus, può darsi. Perché a distanza di un anno (“Era il 17 marzo 2019”) dalla rottura di crociato e menisco del ginocchio sinistro, il portiere del Real Praeneste stava immaginando di tornare in campo. Magari in panchina, magari solo per una partita. Probabilmente dovrà rimandare il sogno a settembre:

“La scorsa stagione, l’infortunio è arrivato nel momento in cui mi sentivo più in forma – esordisce Tea -. Forse avrei potuto giocare una partita del girone di ritorno di quest’anno, anche se ho deciso fin dal principio di prendermela con molta calma, visto che la porta del Praeneste era ben coperta da Azzurra, Angelica e Martina. Non avevo fretta di rientrare. Poi, visti i miei 37 anni (ride, ndr), ho anche pensato di recuperare al meglio onde evitare ricadute. Rompersi il crociato è già gravissimo di per sé per chi gioca a futsal, figuriamoci per un portiere che deve compiere dei movimenti più spinti”.

Sono stati 12 mesi da ultrà, dunque. Sempre al palazzetto seppur sugli spalti: l’importante era consolidare il legame con le proprie compagne. Com’è stato seguirle da fuori per tutto questo tempo?

“Particolare. Io ho iniziato a giocare tardi, e l’ho fatto sempre con la maglia del Real Praeneste. Sono in questa società da quando è nata, praticamente. Quindi tifare per loro è una grande cosa per me, anche dagli spalti, cercando di dare il massimo alle ragazze come un vero ultrà! Assistere alle sconfitte è stato parecchio pesante, perché so che le mie compagne non hanno meritato alcuni risultati. Le conosco e so quanto valgano, sia singolarmente che a livello di gruppo. Il Praeneste fa squadra, è questa la vera anima della società”.

Allora come spieghi le sconfitte?

“Ci sono stati tanti cambiamenti, soprattutto a livello tattico e di gioco per via dell’arrivo del nuovo mister. Quindi c’è stato molto più bisogno di entrare all’interno della mentalità di Silvia. Le sconfitte sono arrivate solo per questo, non perché il Praeneste abbia meno qualità rispetto a qualsiasi altra squadra del girone”.

La storia di Tea Scilingo è interessante. Perché spesso è facile rassegnarsi pensando a quello che non è stato, al tempo perso. Ci si immagina che i treni nella vita passino una volta sola, senza pensare ai ritardi cronici – ciao Trenitalia, da quanto tempo? – o alla corsa successiva. Che c’è sempre. Cogliere l’attimo significa anche inseguirlo, altrimenti rischia di trasformarsi in una facile giustificazione. Tea ha iniziato a giocare a futsal quando in tanti smettono. Quando la pressione della quotidianità finisce per schiacciare la passione per ciò che amiamo:

“Sono partita da zero, non solo non conoscevo le regole ma non sapevo nemmeno cosa fosse il calcio a 5. Quindi ho iniziato per caso, per passare una serata con le amiche. E mi hanno messo in porta perché ero quella più grande fisicamente e occupavo più porzione di porta (ride, ndr). Poi il giorno del mio compleanno mi regalarono un paio di guanti, e proprio quell’estate una mia amica che giocava nel Praeneste mi ha invitato a fare qualche allenamento di prova”.

E lì piano piano hai imparato cosa fosse il futsal.

“L’ho fatto da fuori, guardando le altre. Perché all’inizio non giocavo nessuna partita, penso di aver disputato 8 minuti in tutto il campionato di Serie D! Però un passo alla volta, sia con la fiducia del mister Daniele Galantini, del presidente Danilo Moscetta e delle mie compagne, soprattutto, ho acquisito maggiore sicurezza e iniziato ad amare questo sport come nessun altro in vita mia. È diventato parte fondamentale della mia quotidianità”.

Scilingo continua:

“Io non sono mai stata una persona molto coordinata nella vita (ride, ndr). Il calcio a 5 mi ha permesso di esserlo sia a livello tecnico, che nella quotidianità. C’è sempre un po’ di sport nella vita e un po’ di vita nello sport. Tutto si può imparare, a qualsiasi età: io ne sono l’esempio vivente. Ho iniziato a 31 anni e sono arrivata a giocare in Serie A2. Perché qualcuno ha avuto fiducia in me, e perché ci ho creduto. Per me e per le mie compagne, non volevo deluderle. Ho dovuto lavorare molto di più rispetto agli altri, vista la mia età, ma mi sono tolta grandi soddisfazioni ed è stato gratificante”.

E poi essere infortunati non vuol dire smettere di lavorare, tutt’altro. Si fatica il doppio e ci si dà un obiettivo a lungo termine. Non serve giocare tutte le domeniche per vedere la propria quotidianità stravolta dalla quarantena. Come stai vivendo questa situazione?

“Gli allenamenti erano il mio punto fermo. Un momento di relax durante la mia settimana lavorativa. Sapevo che, dopo una giornata di lavoro, potevo sempre andare ad allenarmi. E che la domenica sarebbe stata dedicata alla partita delle mie compagne. Il coronavirus mi ha tolto tutto questo, non solo dal punto di vista concreto, del tempo, ma anche mentale. Era la distrazione giornaliera dal mio lavoro. Poi non vedere le compagne di squadra è pesante. Per quanto si possano fare le chiamate su Zoom, non è la stessa cosa che ridere, scherzare, prendersi in giro in campo”.

Pensi che nulla sarà più come prima?

“È impensabile credere di tornare a giocare a futsal a cuor leggero, sapendo tutto quello che è successo e sta succedendo. Bisognerà mettere mano a tante piccole cose per permettere al calcio a 5 di tornare nelle nostre giornate. Non si può ricominciare il campionato lasciando tutto com’era prima”.

Per chiudere. La Divisione sta tardando a prendere una decisione definitiva sulla sorte dei campionati: tu, se non fossi infortunata, scenderesti in campo in caso di ripartenza?

“Parlando con senso di responsabilità, non insisterei per ricominciare. Ma non perché non mi manchi il futsal, ovviamente, solo per tutelare la salute di tutti. Dovesse succedere una qualsiasi cosa sarebbe peggio rispetto ad attendere e ripartire direttamente a settembre. Poi, parlando da infortunata, c’è anche chi vede lo stop in maniera ‘positiva’. Perché si dovrebbe avere più tempo per recuperare. Però in realtà io non ho avuto modo di riprendermi totalmente, dato che per la mia riabilitazione è fondamentale lavorare sul campo”.

“Sono una che parla tanto”, conclude Tea. Ma non c’è niente di meglio. Di questi tempi, il vuoto lasciato dal futsal lo si può riempire solo così.