Spagnola di nascita, italiana d’adozione. Ormai falconarese doc, anzi, Corin Pascual da qualche anno è passata allo step successivo. Ed è rimasta. Nonostante l’emergenza coronavirus – che ora sta colpendo duramente anche il suo paese -, nonostante la paura (legittima) avesse suggerito altro.

“Sono a Falconara insieme a tante altre mie compagne che ancora non sono partite – ci ha detto in esclusiva -. Stiamo attendendo l’ufficialità sulla ripresa o sull’annullamento della stagione, anche questa è un’ipotesi. Abbiamo ancora qualche briciola di speranza: la volontà di tutti è che il campionato venga portato a termine, ovviamente”.

Già, il campionato. Miraggio lontano di un’epoca ormai storica. In un mondo che viaggia(va) a ritmi forsennati, un mese di quarantena equivale a un’era geologica. Specie considerando che il Città di Falconara non gioca una partita ufficiale dal 16 febbraio: in Italia, per la cronaca, gli unici affetti da Covid-19 erano un uomo e una donna cinesi ricoverati allo Spallanzani di Roma. In un mese e mezzo il mondo si è capovolto. La Cina vede la luce, il Bel Paese ha ancora diversi Giri d’Italia da pedalare. E Pascual ci manda un audio prima del proprio allenamento mattutino. A casa, ovviamente, oggi va così:

“Cerco di passare le mie giornate come facevo prima. Mi sveglio tra le 9 e le 9:30 tutti i giorni e mi alleno due volte al giorno: uno la mattina e uno al pomeriggio, non dobbiamo perdere il ritmo. La mattina cerco di unire degli esercizi d’aerobica ad altri di forza, mentre nella seconda parte della giornata svolgo quello che ci dà il nostro preparatore. Con il quale siamo in contatto tutti i giorni. Dobbiamo mantenere una forma che sia in linea con quella che dovremmo avere durante il campionato. Il lavoro in quarantena non è minimamente paragonabile a ciò che facevamo prima, però, per fortuna, ho una mini-palestra in casa che mi permette di allenarmi intensamente. Mi accontento così”.

E serve qualcosa per ingannare le lancette, appiccicose, incollate alla cassa dell’orologio. Che poi chi usa più l’analogico? Ma non divaghiamo: “Con il divieto di uscire a correre è complicato mantenere la condizione fisica. Io provo a fare tutto quello che facevo durante la vita ‘normale’, ma non è semplice. Stavo facendo anche un corso per sommelier di secondo livello, questo mi permette di studiare e seguire qualche lezione online dei professori. Così mi tengo aggiornata. Ma ora la mia vita, per quanto normale, è anche un po’ ‘noiosa’. D’altronde se ti tolgono il lavoro non è facile adattarsi e riempire le giornate, soprattutto psicologicamente”.

Ma pensare alla ripresa del campionato è oggettivamente ottimistico, un esercizio per sognatori. Più passa il tempo e più si accumulano ipotesi, assurde, che non convincono una veterana come Corin Pascual:

“Ovviamente vorrei tanto che la stagione ricominciasse. Però psicologicamente non è semplice per un giocatore. Ora siamo fermi da un mese, ma potrebbero diventare due, tre… Si ipotizza anche di giocare la Coppa Italia a giugno, poi una sorta di playoff scudetto. Ma per noi, ferme ipoteticamente da tre mesi, non sarà semplice riprendere a giocare. Non tanto a livello fisico quanto mentale. Questa è la cosa più difficile da gestire: siamo state bloccate in un momento della stagione in cui stavamo bene, e che si prospettava alla parte finale. Quella più interessante. È come se ad agosto, dopo le vacanze estive, cominci il campionato andandoti a giocare subito le partite decisive dell’anno. Non è naturale”.

Però a mali estremi, estremi rimedi. Le giocatrici non si faranno trovare impreparate: Questa sarà una battaglia da superare anche per noi sportivi. Ci faremo trovare pronte, l’affronteremo nel miglior modo possibile. Capisco la voglia di tutti – giocatrici, allenatori, dirigenti – di voler riprendere, ma prima va risolta un’emergenza mondiale. Prima la vita, poi lo sport. Sempre. Dopo penseremo anche alla componente economica. Bisogna capire come le società sosterranno questa fase, anche far slittare tutto a settembre non è semplice”.

Infine un appello. L’Italia, seppur in ritardo (giustificato dall’eccezionalità della situazione), ha reagito. E capito. Chi può resta in casa, e bisogna continuare così:

“Viviamo un momento molto difficile che non va sottovalutato in alcun modo – dice Corin -. L’Italia ormai sta capendo la gravità della situazione: se siamo arrivati al punto di essere costretti a restare in casa, qualcosa vorrà pur dire. Nel nostro piccolo, uscendo il meno possibile e solo per ciò che è indispensabile, possiamo aiutare le persone che sono in prima linea ad affrontare il coronavirus. È giusto così, per il bene di tutti. La situazione è un po’ critica ovunque. Da spagnola vedo che anche nel mio paese le cose sono molto simili all’Italia, se non uguali. Il mio appello a tutti è di non mollare, restare a casa come ci dicono e programmarci le giornate per fare in modo che questa quarantena non ci ‘mangi’. Soprattutto psicologicamente. Manteniamo la speranza, io lo faccio. Quando ne usciremo apprezzeremo di più la vita“.